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                                                                                                   Il Grande Rogo

 

Niente da fare. Tornarono indietro e non riuscii a convincerli.Proseguì così la mia corsa verso il Ranch, dove mia madre si trovava poco prima, ma che, dopo la mia telefonata, fatta da Sestri per informarla dell’incendio in corso,  si era già allontanata per dare aiuto a mio fratello che, con mezzi di fortuna, si stava prodigando allo spegnimento.Appena giunto al Ranch mi trovo solo; là infatti era tutto tranquillo. Pensavo già da prima di prendere un grosso estintore e di recarmi a casa, distante dal Ranch circa 300 metri in  salita.Il Ranch era intatto, ma la casa di mia madre  era minacciata, il fumo ci avvolgeva. Si sentivano scoppi ed urli di persone.Sembrava una guerra, il fuoco avanzava ed il vento stendeva fumo a mulinello in tutta la vallata. Non si respirava.Ero nel terrore, ma vedendo comunque i miei familiari salvi, vicino a me, pensavo  solo ad una cosa: dobbiamo salvare la vita.Tirai per un braccio mia madre e mio fratello dicendogli: “pensiamo alla vita… scappiamo via da qua!”. Dovetti gridare con rabbia e determinazione.Così ci recammo velocemente nella casa sottostante, di proprietà dei vicini Ferrando, ma, credetemi, il fumo ormai molto denso ci seguiva e ci avvolgeva .

 

 

Mi trovavo a Sestri Levante al centro fotocopie “Spazio Libero” di Viale Roma, quando verso le 15,30 al mio cellulare giunge una telefonata da mio fratello, che mi dice : “vieni subito, brucia tutto dietro casa, non so cosa fare”.Prendo la macchina e mi precipito  per andare sul luogo e nel contempo sento le sirene dei pompieri che si dirigevano sul posto dell’incendio.

Sono nelle vicinanze, ma purtroppo resto bloccato nel traffico con la macchina e a quel punto decido di parcheggiarla vicino alla stazione ferroviaria, e mi dirigo correndo verso la salita di Villa Manierta. Incrocio un’autopompa dei pompieri che imboccava la salita, poi tutto ad un tratto si ferma e fa retromarcia. Subito mi avvio dal conducente : “Ma cosa fate non salite?” Lui risponde: “Non ci passiamo”. Io allora gli dico: “Ma come?! Ci passano i camion del fieno e sono grossi quanto questo, se non di più”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                             

                                                                                             

                                                                                                

 

 

 

 

C’era gente che si rifugiava nel garage, ma secondo me non  era una buona idea, non mi andava di fare la fine del topo.Andammo con mia madre e mio fratello sul terrazzo della casa, lì almeno c’era una migliore respirazione in base a come girava il vento. Nel contempo nell’aria si sentivano scoppi di bombole ed automobili .Ad un tratto nel caos mi squillò il cellulare ed ebbi il tempo di rispondere. Erano i miei allievi che erano arrivati al Ranch coma facevano di solito, e mi dicevano: “Brucia dal Ranch cosa dobbiamo fare?”.Consigliai loro ad alta voce di bagnare e che ci  saremmo sentiti dopo .Passarono circa dieci minuti e  mi richiamarono dicendomi : “Qua  brucia tutto! Cosa facciamo dei cavalli ?”Capii la gravità della cosa e risposi subito “liberateli, mollateli! Loro sanno cosa fare”. E così fu .Nel frattempo volevo provare a  scendere per dare una mano, ma quando ci provai il fumo mi avvolse  e mi fermai, come se qualcuno dall’alto mi dicesse : “Fermati! Dove vai? Torna indietro!”. Era come se una mano mi tirasse alla cintura!E così feci. Tornai insieme a mia madre e a mio fratello, dopo due tentativi falliti per andare al Ranch .Tornai dove ero prima, e il fuoco per fortuna da casa si stava fermando: il vento l’aveva diretto in altre direzioni.

 

 

 

 

                                                                                               

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mentre salgo, incontro il figlio di Pietro Ferrando che mi dice : “Mio padre! Non trovo mio padre!” Io gli chiesi: “Dove era?” Mi rispose: “Lì sotto, nel terreno”. Era proprio dove c’era un turbine di fumo.Io a malincuore gli dissi che cinque minuti prima avevo udito una voce dire “Oooh!! Oooh!!” Era come se venisse dall’oltretomba, ma speravo di essermi sbagliato .Comunque andare a salvarlo voleva dire morire insieme a lui .
Dopo poco provai nuovamente a scendere al Ranch, e questa volta ci riuscii. Sapevo che avrei trovato molte cose bruciate, ma speravo che qualcosa si fosse salvato.L’ultima scena l’ho vista in diretta: il “Saloon” sciogliersi in 15 minuti davanti ai miei soli occhi. Una scena terribile, che non potrò mai dimenticare!Mentre guardavo quelle fiamme enormi, nella mia mente vagavano tutti i 25 anni di storia e tutta la fatica di mio padre.Non si salvò niente. Io in quei 15 minuti urlai di dolore e di rabbia.Piansi amaramente fissando lo sguardo dentro le fiamme che ormai divoravano il tipico “Saloon”, impotente di fronte a tanta devastazione.Dopo essermi calmato mi affioravano alla mente i pensieri orientali di vita che studiavo da tempo, e che mi stavano arricchendo la mente, per creare un nuovo metodo per andare a cavallo prendendo con filosofia la vita

 

                                                                                              

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                              

 

 

 

 

Con questo mi tranquillizzai internamente. Fu come se la mia mente si fosse bloccata solo all’incendio come avvenimento, e come se non potessi portarla al passato ma pensare al presente solo al presente, ma dicendomi guarda avanti e vivi il presente.Così né ideai in seguito una mia frase “Siediti un istante, ma guarda avanti!!”

Comunque fu proprio un’ ORA DI INFERNO.

 

 

 

                                                                                                

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